Era da tanto, troppo tempo che
desideravo avere quest’opera tradotta nel nostro idioma… Da grande appassionato
di Osamu Tezuka – lo considero il mio secondo fumettista preferito in assoluto,
dopo Carl Barks –, nonché collezionista delle sue produzioni, immaginate la mia
reazione quando, in maniera del tutto casuale e quasi distrattamente, mi trovai,
nella monotonia di una sera come tante, ad aprire su YouTube un video di Dario
Moccia (apparso tra i consigliati), dal titolo sì intrigante, ma che di certo mai
avrei potuto pensare nascondesse una simile notizia bomba: lo youtuber,
annunciava la pubblicazione del primo, mitico e immortale manga story
pubblicato dal Maestro per eccellenza del fumetto nipponico; “La nuova isola
del tesoro”, in edizione italiana, era finalmente tra noi! Da maniaco
collezionista del buon Osamushi, ovviamente possedevo già l’opera da svariati
anni, nell’unica edizione arrivata in Europa (quella spagnola, comprata su
Amazon insieme a Metropolis – sempre in versione ispanica –, altra opera
importantissima del Maestro, originariamente uscita in Giappone nel 1949 e,
vergognosamente, ancora inedita in Italia), ma adesso – porca miseria!!! –,
grazie all’impegno di Moccia (che si è fatto un discreto culo per farcelo
avere) avrei potuto finalmente leggerlo in italiano! Qualche giorno dopo,
usciva, ed io ero in prima fila nella mia fumetteria di fiducia per
accaparrarmene una copia. Ora, dopo averlo spolpato per benino, mi trovo qui,
davanti al pc, a recensire questa essenziale opera del passato, questa seminale
colonna portante del manga tutto; bene, cominciamo! Innanzitutto, un po’ di
storia: la pubblicazione originale risale al 1947, ed erano decisamente altri
tempi per il fumetto e l’animazione di stampo nipponico; i manga (parola che
significa “immagine in movimento”) erano soprattutto corti animati, la parola
non era ancora famosa in tutto il mondo come sinonimo di “fumetto alla
giapponese”, e i fumetti di successo veri e propri prodotti nel paese del Sol
Levante, erano molto differenti da come sarebbero in seguito diventati (ed
opere come quella in esame, si collocano esattamente alla base del cambiamento): erano
perlopiù un insieme di sketch comici slegati tra loro, non c’era una vera trama
di fondo; la prima opera pubblicata di Tezuka, infatti, rispecchiava proprio ciò
che ho appena detto (trattasi di “Il diario di Ma-chan”, 1946). Per questo
motivo, “La nuova isola del tesoro” è tanto importante: non è soltanto la prima
opera di rilievo del maggiore autore di fumetti che il Giappone abbia mai
prodotto, ma è il vero inizio di tutto, l’inizio della rivoluzione che, in
pochi anni, avrebbe cambiato per sempre la storia della cultura di un intero paese,
generando il fenomeno del manga story; se oggi siamo letteralmente sommersi dai
fumetti giapponesi e possiamo considerarlo un business che mai conoscerà crisi,
se oggi la storia del manga può dire di aver avuto così tanti maestri creatori
di autentici capolavori, se oggi, insomma, leggiamo ciò che leggiamo, dobbiamo
ringraziare soprattutto questo primo, imprescindibile, tassello, che all’epoca
riscosse un immediato successone e vendette più di 400.000 copie in poco tempo.
Ma letto oggi, ora che i tempi sono decisamente cambiati e tanta acqua è
passata sotto i ponti, come ci appare questa “Nuova isola del tesoro”? Ci
troviamo tra le mani un pezzo di archeologia fruibile solo da cultori e
appassionati, oppure l’opera è invecchiata bene e può ancora interessare il
lettore occasionale, ormai da tempo abituato a ben altro? Il mio parere è
questo: letto oggi, “La nuova isola del tesoro” è ancora un ottimo racconto di
avventura per bambini, i quali sicuramente si divertiranno un sacco a scoprirlo,
trovandolo molto semplice e immediato da leggere, molto godibile; il
comprendere i motivi che l’hanno reso così importante (le pionieristiche
inquadrature, la struttura da storyboard, nessun narratore esterno a raccontare
le azioni dei personaggi o lo svolgersi della trama, l’impianto registico delle
vignette), ovviamente è esclusiva del cultore e collezionista, il quale sarà
ripagato dal trovarsi tra le mani un prodotto ottimamente confezionato, nella
sua versione integrale, di 250 tavole, ridisegnata da Tezuka nel 1984 (l’autore
si vergognò di ripubblicare l’originale, stampato malamente, pieno di
imprecisioni nel tratto, modifiche varie da parte dell’editore – sia ai disegni
che al contenuto delle vignette – e monco di ben 60 tavole, per rientrare nel
limite imposto dalla casa editrice) e pubblicata in Giappone come parte
integrante della raccolta di tutte le sue opere e, soprattutto, con la
sfiziosissima aggiunta di due corpose appendici: il diario personale di un
giovane Tezuka diciottenne, che ricopre il periodo 1946-1947, e l’introduzione
che l’autore scrisse negli anni ‘80 per la ripubblicazione dell’opera, in cui
spiega dettagliatamente i motivi che l’hanno spinto a non pubblicare la
versione originale e la decisione di ridisegnare il tutto, cercando di imitare
il più fedelmente possibile lo stile dell’epoca, a volte ricalcando
direttamente l’originale, e grazie alla quale scopriamo molti retroscena
gustosi e anche divertenti, come la necessità di dover improvvisare un nuovo finale
(nella versione del ‘47 fu tagliato e le tavole andarono perdute), per colpa
della memoria ormai offuscata.
VOTO: 8
Un’opera che ha
fatto scuola e ha cambiato per sempre la storia del fumetto giapponese; oggi,
rimane un ottimo racconto d’avventura per bambini, mentre i cultori ne
apprezzeranno il valore storico e la carica innovativa che ebbe all’epoca.
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