lunedì 21 maggio 2018

LE LEGGENDE DEL VECCHIO BLUES – Peetie Wheatstraw: blues tra puttane e malfattori

Il materiale che leggerete di seguito, è stato originariamente pubblicato come appendice al romanzo “Sotterraneo al chiaro di luna” di Gianluigi Valgimigli (Claudio Nanni Editore; luglio 2016).

Wheatstraw, fu uno dei bluesman preferiti di Robert Johnson, e una delle sue maggiori influenze: quest’ultimo, infatti, attinse a piene mani dal suo repertorio, e utilizzò alcune sue canzoni come basi per le proprie (cosa che fece anche con altri bluesman, come Kokomo Arnold, Lonnie Johnson, Son House o Skip James, ma con Wheatstraw forse più che con ogni altro). Nato come William Bunch il 21 dicembre 1902 a Ripley, nel Tennessee, divenne celebre per la sua figura oscura e misteriosa, maledetta, maligna e demoniaca: era solito, infatti, proclamarsi “Alto sceriffo del Diavolo” o “Genero del Diavolo” (altra cosa che ispirò Johnson). Il suo atteggiamento sfrontato e volgare ha anticipato la figura del cantante rap, e la sua figura ha colpito l’immaginario dello scrittore Ralph Waldo Ellison, che lo cita nel romanzo “Uomo invisibile”. Musicista di grande influenza negli anni ‘30, fu, insieme al grande Leroy Carr, uno dei primi cantanti blues ad accompagnarsi con il piano (che utilizzò per la maggior parte delle sue registrazioni, alcune delle quali eseguite assieme a Kokomo Arnold, importante bluesman dell’epoca), influenzando Champion Jack Dupree (mitico autore della storica “Junker’s Blues” del 1940, poi ripresa da Fats Domino per la sua “The Fat Man”, 1949, una delle prime canzoni rock and roll) e Jerry Lee Lewis (uno dei massimi artisti rock and roll di sempre). Tenne l’ultima seduta di registrazione il 25 novembre 1941, e morì il 21 dicembre (il giorno del suo compleanno!) dello stesso anno a St.Louis, nel Missouri; la causa della morte fu un incidente stradale: si trovava seduto sul sedile posteriore di una Buick, mentre questa colpiva in pieno un treno merci; le due persone che erano con lui, sedute davanti, morirono all’istante, mentre lui morì in ospedale. Lasciò un repertorio di intense canzoni blues, dai testi crudi e visionari, narranti storie di puttane, ubriaconi, giocatori d’azzardo, assassini e malviventi di ogni sorta.

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