Staccai i grappoli dai tralci, chinato sull’erba del giardino, a colpi di cazzuola, poi mi alzai e riempìì la bacinella.
“Ecco fatto, ragazzi, possiamo cominciare!!!”
Non feci in tempo a finire la frase, che Renzo, si tolse le scarpe da ginnastica e si piazzò dentro alla bacinella, cominciando a pestare l’uva.
“NOOOOO, mo cosa fai, demente” gli urlai contro “mo te li devi cavare i calzini, che schifo, mo così lo lordi tutto, il vino!!!!”
Estel si tappò il naso, inorridita.
“Oh mio dio, che puzza di piedi, bleach!”
Renzo saltò fuori, con tutti i calzini zuppi e verdognoli di succo d’uva.
“Ciò, mo non l’avevi mica detto te, però eh!”
“Allora” cominciai paziente “adesso, ci togliamo scarpe e calzini e sottolineo calzini, e a turno ci infiliamo dentro e pestiamo tutto tutto, con forza, chiaro??? Bene!!!, cominciamo!”
Cristiano si tolse i sandali, e andò per primo. Cominciò a pestare.
Aveva girato tutto il giorno con la scarpe aperte, lungo l’asfalto e l’erba della campagna, e aveva i piedi più neri della carbonella.
In poco tempo, il succo, ovvero mosto, dell’uva, cominciò a riempire la bacinella.
“Alè, via, vengo anch’io!” disse Marco, ridendo. Si cavò scarpe, calzini e via a pestare!
A turno, pestammo tutti, eccetto Estel che, schifata, s’era appoggiata allo steccato che circondava il giardino, e continuava a lamentarsi della puzza dei nostri piedi.
“Ok, può bastare!” dissi, dopo una mezz’oretta di pestoni.
Bene, quello che la nostra ignoranza di bimbi credeva vino, stava lì, nella bacinella, una poltiglia verdognola, buona!?
“Ok, bisogna imbottigliarlo, faccio una corsa da mio nonno, a prender una della sue bottiglie vuote di vetro!”
Detto questo, corsi a prendere una delle bottiglie vuote che mio nonno, teneva nel garage (ce n’è ancora qualcuna oggi!), e tornai dal mio gruppetto.
Riempimmo la bottiglia, fino all’orlo del collo.
“Adess mo proprio bisogna sentirlo, tuo è l’onore Cristiano, che sei stato colui che ci ha donato la bacinella, vai mo!”
Al mio ordine, il bimbetto prese la bottiglia e ne bevve un lungo sorso.
Gli occhi di noi’altri erano tutti fissi su di lui, in trepida attesa del giudizio.
“Buono, è molto dolce, però è un po’ sabbioso, sembra che ci sia la sabbia dentro, ma è come succo, molto dolce ...” fu il commento di Cristiano.
“Bene, Bene, è venuto un vino dolce, farà successo, forza, beviamo beviamo!” intimai il gruppo e cominciammo a passarci la bottiglia.
Giunto il suo turno, Marco si attaccò con estrema curiosità, ma si ritrasse quasi subito, schifato. S’infilò due dita in bocca e ne estrasse un lunghissimo pelo nero, probabilmente appartenuto ai calzini di Renzo.
Bevemmo e bevemmo, buttammo giù il nostro buon “vino” dolce.
“Ciò, però non mi ubriaca mica questo vino, non mi gira la testa, sto benissimo!” annunciò Silvia. “Mboh ... forse ... ecco, cavoli, ci vorrà anche la ferma!” saltai sui, battendomi il pugno chiuso, sul palmo aperto.
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