Scritto e pubblicato per la prima volta nel 2012 LA BIRRATA “Ciò, allora, di birra ce n’è abbastanza direi, no?” “Pigliane altre tre confezioni, non si sa mai, tanto quella porcheria economica lì non è altro che acqua lorda, quindi ce ne vuole un bel po’ per scaiarci, vai vai!” Franco si chinò e raccolse altre tre confezioni di birra dallo scaffale, mettendole nel carrello della spesa. “Allora, spetta che faccio il conto...” Aurelio aprì la borsa e prese in mano il cellulare “... dunque, fanno cinque virgola qualcosa a testa, famo cinque per te, dai!” “Diobò, io con cinque euro mi ci facevo due settimane però, eh!” “Ciò Franco, non so, boh, allora togliamo una confezion...” “No dai va beh, va bene, via, dai!” I due amici si diressero alla cassa, per pagare il conto e si misero ad attendere in coda. A quell’ora, le sei pomeridiane, il supermercato era pieno zeppo di gente. Franco si guardò attorno con disgusto. “Sto branco d’imbecilli che viene qua, dopo il lavoro, tutte le sere, ci credi che li conosco quasi tutti? Fanno sempre le stesse cose, si alzano, vanno al lavoro e quando escono, ecco, vengono qua a fare la spesa...” “Eh beh, oh, è così che si va avanti, no?” “Io sto cercando un altro modo per farlo...” Dopo circa cinque minuti, arrivò il loro turno. Aurelio cominciò a disporre le confezioni di birra sul rullante, mentre Franco si piazzò all’altro lato del bancone, sacchetti alla mano. La cassiera era una giovane ragazza dai capelli castani, decisamente carina. ‘tana madonna, a te ci penserei io, pensò Franco, guardandole prima il volto e poi il petto. “Fanno dieci euro e ottantun centesimi” disse la cassiera, rivolta ad Aurelio. Con una sporta per uno, Franco e Aurelio uscirono dal supermercato. “Merrrrrda, che freddo s’è fatto....” esclamò Franco, battendo i denti. Aurelio si guardò attorno. “L’inverno sta arrivando, vecchio mio, anche quest’anno non si scappa...” Il buio era ormai sceso su Faenza e una leggera nebbia si era formata, una nebbia gelida e bagnata. Avanzavano al centro di un grande parcheggio. “Vedrai, caro Aurelio, stasera ci scaldiamo, oh, se ci scaldiamo, ti faccio conoscere le due tipette che ho invitato, ooooh, le birre ci scaldano dentro e loro fuori, oooh!” Tagliarono per un vicoletto, un vicoletto pieno di cacche di piccioni, qualche cartaccia e varie cicche di sigaretta. Qualcuno si era scolato una bottiglia di vino e l’aveva frantumata per terra. |
I muri, una volta bianchi, erano ora scrostati e coperti di graffiti e scritte più o meno oscene, FOTTI LA CRISI, L’ITALIA PIANGE, BERLUSCONI VA A CULO, e robe del genere, erano la manifestazione del malcontento di un probabile piccolo gruppetto di ribelli, che forse nasceva, in mezzo a quella generazione di giovani marionette senza motivo.
La casa dei genitori di Franco era piccola, ma molto carina e dall’aria accogliente. Aveva un aspetto ordinato, col suo bel giardinetto davanti, tutto recintato, con tanto di scale esterne che portavano a un terrazzino con la porta d’ingresso. Un bilocale strutturato come una villetta a schiera.
come vedete il bere abbonda e abbonda tanto, ed è birra, tutta birra, dobbiamo bere, in questa notte, gente, bere ognuno alla salute del prossimo, bere e bere fino a scoppiare e a sentire il nostro cervello metter gambe e diventare un essere vivente a se stante, bere e dire cazzate fino a mattino, viviamo in tempi cupi, amici miei, viviamo in tempi tristi e depressi, tempi pesi e tesi, tutte le volte che a pranzo, i miei tengono la tv accesa sul tg, vedo un’Italia che si lamenta continuamente, in quella piccola scatola maledetta, lo schermo si tinge di rosso e ...”
Gianluigi Valgimigli
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