INTRODUZIONE
Qui lo dico e lo ribadisco,
quindi statemi bene a sentire: Secondo Casadei è uno dei massimi compositori di
musica da ballo del ‘900; se non fosse stato troppo identificato con la musica
romagnola, genere al quale ha permesso di raggiungere la sua più alta
espressione, oggi, secondo il parer comune (secondo il sottoscritto è già
così), siederebbe al fianco degli Strauss nell’olimpo dei grandi autori di
musica da ballo d’ogni tempo… ma se non fosse stato troppo identificato con la
musica romagnola, non sarebbe più Secondo Casadei – Scaund, per noi compaesani
–, e quindi, in fondo, va benissimo così, anche perché è quello che lui ha
sempre voluto e, ovunque sia, sicuramente sarà molto contento. Secondo Casadei,
attraverso le note, ha raccontato la sua Romagna in oltre quarant’anni di
onorata carriera, scrivendo melodie ricche di passione, amore, tormento, gioia
e sofferenza, sempre con grande sensibilità artistica e sincero trasporto; le
sue non sono semplici composizioni musicali, ma veri e propri poemi in musica
che, utilizzando le note al posto delle parole (ma anche quest’ultime, nel caso
delle canzoni), descrivono perfettamente la sua terra tanto adorata,
catturandone immagini e sapori come nessuno prima di lui era riuscito a fare e
come nessuno, dopo di lui, sarebbe mai più riuscito a fare. Un’opera d’arte
come il valzer (assieme al tango, tipo di ballo a cui appartengono i suoi
massimi capolavori) “Dolore”, dedicato alla morte del padre, non è solo la
perfetta fotografia di un’epoca (la Romagna ai tempi di guerra), ma la
confessione di un uomo tormentato e incerto sul futuro, un pianto straziante
per una terra che sanguina, mentre bellissimi valzer come “Non c’è pace tra gli
ulivi” o “Rumagna a premavera”, sono le migliori e più vivide istantanee che si
possa scattare al paesaggio romagnolo.
BIOGRAFIA
Nato Aurelio nel 1906, a
Sant’Angelo, una piccola frazione del paesino di Gatteo, fu il secondo (da qui
l’altro nome) figlio dei coniugi Casadei (il primo aveva trovato, appena nato,
l’eterno riposo tra le scheletriche braccia di Signora Morte); in seguito, i
genitori gli diedero un fratello e una sorella. Fin da piccolo si appassionò
alla musica romagnola, scappando di casa per assistere ai concerti serali delle
orchestre che suonavano nei fienili e nelle aie circostanti, rimanendo
soprattutto folgorato dalla storica Orchestra Zaclèn (all’epoca, la migliore in
assoluto), diretta dal leggendario Maestro Carlo Brighi, il padre della musica
romagnola moderna e inventore delle moderne Balere (aprì la prima a Bellaria,
nel 1910), al quale poi sarebbe succeduto il figlio Emilio nel 1915, anno della
sua morte. Qualche anno dopo, con immenso dispiacere del padre, che lo voleva
sarto come lui, riuscì a convincere la famiglia ad assecondare le sue passioni
musicali: all’età di tredici anni, gli venne quindi regalato un violino e
cominciò a prendere lezioni di musica (con immensa perplessità dell'insegnante, che lo riteneva troppo grande per imparare il violino; poi, notandone le capacità, si ricredette). Le prime esperienze musicali in
pubblico, lo vedono esibirsi, accompagnato dal banjo a 6 corde del fratello
Dino, per le strade del paese e, su invito, alle feste organizzate dai
contadini del circondario. Notato da Emilio Brighi, esordì giovanissimo come
secondo violino nella sua orchestra, ottenendo grandi consensi da parte del
pubblico, grazie soprattutto al carattere gioioso, alla grande carica giovanile
e alla sua virtuosistica versione della “Mazurka di Migliavacca”. Gli anni
giovanili, sono pieni di avventure e hanno consegnato alla storia della Romagna
tanti aneddoti, ancora oggi raccontati dai vecchi, il più famoso dei quali è
sicuramente il pestaggio che subì da parte dei fascisti, per colpa del
fratello, noto oppositore. Nel 1927, dopo aver già composto la sua opera prima,
ovvero “Cucù” (il motivo gli fu ispirato dal verso di un cuculo appollaiato su
un albero, udito una notte, mentre rincasava da un concerto, in biciletta; il
brano piacque molto al Maestro Emilio, il quale lo inserì in repertorio) decise
che era venuto il momento di mettersi in proprio, e creò una prima versione
della storica Orchestra Casadei, la più longeva e importante orchestra di
musica romagnola di tutti i tempi, che avrebbe poi trovato una forma definitiva
l’anno seguente; la grande intuizione fu quella di inserire la batteria
(all’epoca, in Romagna, chiamata “E Jazz”) e il sax – in alcuni brani, inserì
anche il banjo a 6 corde e la steel guitar, la tipica chitarra hawaiana
inventata da Joseph Kekuku (quest’ultima si può sentire nella prima versione di
“Tramonto”, in cui è anche strumento solista) –, così come Brighi, a suo tempo,
aveva inserito il clarinetto in do (e aveva avuto l’intuizione di accelerarne i
tempi e dargli parti solistiche) e sostituito il terzo violino con la chitarra.
Secondo Casadei è sempre stato un grande ascoltatore, attentissimo a tutte le
nuove sonorità che gli nascevano attorno (ogni tanto, si recava al mare per
assistere alle esibizioni in spiaggia dei complessi di musica pop del periodo,
i quali lo istruivano sulle nuove scoperte in campo musicale), e questo
traspare palesemente dalle incisioni del primo periodo, decisamente molto
sperimentale, in cui il nostro componeva sotto l’influenza del jazz americano,
della musica spagnola, hawaiana, pop, ecc… Il primo importante concerto con
l’Orchestra Casadei, si tenne nell’appena nata località marittima di Gatteo a
Mare, nel 1928; il grande successo ottenuto, gli permise, in breve tempo, di
entrare in sala d’incisione a registrare la sua musica: uscirono così i primi
dischi, i quali contenevano brani come il valzer "Cucù", "Fitinj" (rispettivamente, lato A e B del primo disco) o "Nuvolari" (una
delle primissime canzoni, scritta in un pomeriggio passato all’autodromo, sulla
carta unta che avvolgeva un panino, assieme a Primo Lucchi, il suo
sassofonista, e dedicata al grande pilota Tazio Nuvolari). La formazione
iniziò a farsi un nome (durante una sfida tra orchestre, riuscì addirittura a
prevalere sull’inattaccabile Orchestra Zaclèn) e importanti ingaggi
cominciarono ad arrivare: perfino la sera del suo matrimonio con l’amata Maria,
abbandonò il banchetto nuziale per precipitarsi in un locale! Nel 1932, con
Burdèla Avéra”, decise di mettere in musica il suo dialetto: nacque così la
canzone romagnola. La sua ascesa ebbe un primo, momentaneo, arresto, quando un
camion uscito fuori strada, lo investì poco prima di un concerto, nei pressi
del locale in cui avrebbe dovuto suonare, mentre il secondo (ed ultimo, fino alla
fine dei suoi giorni), fu causato dalla seconda guerra mondiale, periodo nel
quale il Duce (che tra l’altro una sera di qualche anno prima aveva addirittura
ballato durante un suo concerto, facendogli i complimenti) aveva proibito le esibizioni musicali; in
questi durissimi anni di sconforto (in cui perse anche i genitori), fu
costretto a cambiare mestiere, ma continuò a comporre musica, scrivendo alcuni
dei suoi massimi capolavori. Finita la guerra, ricominciò a suonare, ma gli
americani avevano importato in Italia la moda del boogie, e i nuovi giovani
fischiavano i suoi valzer: imperterrito, Secondo non si diede per vinto e,
grazie a nuove e frizzanti composizioni (come le polke della serie “Atomica”)
riuscì ad imporsi nuovamente sulla folla americanizzata; da questo episodio, nacque
il famoso titolo di “Uomo che sconfisse il boogie”. La seconda metà degli anni
‘50, trascorse all’insegna del successone di “Romagna Mia” (1954, cantata da
Fred Mariani e Arte Tamburini, quest’ultima la prima donna cantante fissa in
un’orchestra romagnola; il brano fu composto intorno al 1952 con il titolo di
“Casetta mia” e dedicato alla villetta di Gatteo a Mare, in cui fu anche
scritto; il cambiamento del nome e, di conseguenza, del ritornello, fu un’idea
del produttore, avuta in sala d’incisione – una chiesa sconsacrata –, il quale, rivolgendosi al Maestro,
gli disse: “Casadei, ma lei che è romagnolo, perché non mette Romagna al posto
di Casetta?”), grazie a Radio Capodistria, che la passava continuamente.
Durante gli anni ‘60, la fama di Casadei e della sua orchestra, raggiunse
l’apice, con apparizioni televisive e frequentissime esibizioni in giro per
l’Italia e anche all’estero. Nel 1971, a Forlimpopoli, il grande Maestro si
spense: la Romagna perdeva il suo più grande cantore. Ammalato da tempo, Secondo
rifiutò le cure e le sedute di dialisi per dedicarsi alla sua amata musica e
alla sua gente, il popolo della Romagna. Riposa al cimitero di Savignano sul
Rubicone.
CARRIERA
Analizzando la carriera di questo
grandissimo musicista, ho deciso di dividerla in tre ideali periodi:
1) Periodo giovanile
(1927/1928 – circa fine anni '30): Lasciando perdere l’esordio all’insegna di
Brighi, se ipoteticamente facciamo coincidere l’inizio di questo periodo con
l’avvento sulle scene dell’Orchestra Casadei e con l’esordio discografico,
possiamo notare come gli anni della gioventù musicale del Maestro, siano
improntati alla sperimentazione e alla ricerca di un sound forse non ancora
propriamente definito; Secondo attinge a piene mani da quelli che sono i generi
popolari che sente attorno a sé, interpreta un pezzo ora jazzato, ora
spagnoleggiante, incide un brano con strumenti hawaiani, in uno ci infila la
tromba, in un altro ci piazza il banjo, come da tradizione delle vecchie
orchestre americane… E accanto a questi esperimenti, dal sapore decisamente più
urbano o esotico, affianca i tradizionali balli alla Brighi, quei valzeroni dal
richiamo viennese, le mazurche campagnole, come a ricordarci che, comunque,
tutto nasce da lì; è sicuramente un periodo molto affascinante, in cui già saltano
fuori i primi capolavori (e i brani seminali per il successivo sviluppo del
genere, non si contano sulle dita delle mani), e che spesso rivela più di una
sorpresa dietro l’angolo (è molto divertente ascoltare le differenti soluzioni
impiegate per arrangiare un brano, nonostante tutto sia ancora molto istintivo
e, a volte, un po’ grezzo). Molte composizioni sono frutto di collaborazioni
(alcune completamente scritte da altri) e, in generale, trasudano di una carica
giovanile che le porta ad essere, a volte, addirittura sfrontate (il testo di
Burdèla Avéra, con il palese doppio senso sessuale finale, è storia!);
l’approccio caciarone, aggressivo, passionale e istintivo dei musicisti, tipico
delle jazz band, dona alle registrazioni quel qualcosa in più, trasformando
quei pezzi in autentiche chicche, e rendendo le imprecisioni affascinanti, in
quanto parte integrante di quel modo di interpretare la musica. L’intuizione
delle canzoni in dialetto romagnolo fu poi assolutamente geniale e, in
generale, ciò che ho sempre apprezzato molto di questo periodo è la
riuscitissima fusione di urbanità e campagna udibile in molti pezzi, alcuni dei
quali mescolano, alla perfezione, jazz americano e musica da ballo romagnola.
Ai classici balli della mia terra, affianca quelli d’importazione americana,
come il fox-trot, il one-step o il two-step; è sicuramente la parte di carriera
in cui vengono abbracciati più generi.
2) Periodo del “Dolore”
(inizio anni '40 – circa primi anni '50): Secondo il parere di chi scrive,
questo è il periodo migliore in assoluto, dal punto di vista compositivo, del
Maestro e, guarda caso, coincide col periodo più buio e triste della sua vita
(che a me piace chiamare “del Dolore”), come a ricordarci che è quando si sta
male, che si producono le cose migliori, perché è il “mal di vivere” che tira
fuori il meglio da un artista (e in questi anni, di grande povertà, Secondo
vide togliersi ciò che lo rendeva più felice in assoluto: la possibilità di
suonare la sua musica, di esibirsi dal vivo). Qui, in piena guerra, inizia la maturità
di Casadei, il giovane scapestrato si placa, comincia a farsi uomo, e aumentano
di molto le composizioni esclusivamente sue (tanto da ribaltare le carte in
tavola e rendere eccezioni le collaborazioni o le reinterpretazioni di pezzi
altrui), le quali si fanno più meditate, più mirate, più raffinate, più
definite e, a tratti, contemplative; gli arrangiamenti si fanno più maturi,
meno istintivi (molto spesso lodevoli) e si comincia, inoltre, a definire e
ufficializzare il sound, la struttura dei brani, la strumentazione e la
formazione dell’Orchestra e, di conseguenza, volgono al termine le
sperimentazioni dell’esordio. Le melodie più belle vengono scritte in questo
periodo: “A mamma” (dedicata alla morte della madre), “Riccarda”, “Giampiero”
(queste ultime due dedicate alla nascita dei figli; Riccarda fu l’unica nota
positiva di questo periodo, l’unico spiraglio di luce; Giampiero era nato
qualche anno prima) e, su tutte, troneggia quell’opera d’arte che è “Dolore”,
uno dei valzer più belli e più perfetti che abbia mai sentito, il mio preferito
in assoluto. Finita la guerra, gli ultimi anni del periodo lo vedono lottare
contro le sonorità americane per riconquistare il suo popolo, e pure da questa
brutta esperienza nasceranno tante lacrime, ma, soprattutto, grandi cose.
3) Periodo del grande successo
commerciale (seconda metà degli anni ‘50 – 1971, anno della morte): Questo
periodo ha inizio, ovviamente, col successone di “Romagna mia” e la riconquista
del popolo romagnolo che, al ritmo del valzer “Il liberatore”, torna a danzare
la musica romagnola, scordando la parentesi americana; è un periodo all’insegna
del divertimento e del sorriso, ricco di soddisfazioni, riconoscimenti e
grandissimi successi. Secondo è famosissimo, l’Orchestra Casadei è sinonimo di
musica da ballo in buona parte dell’Italia e gli anni bui sono finiti per
sempre. Il sound e la formazione vengono ufficialmente definiti, e cominciano a
porsi le basi per la nascita del fenomeno liscio. La Romagna sta cambiando, il
progresso la sta pian piano trasformando in una delle mete turistiche più
ambite nel periodo delle vacanze estive, e ovunque spuntano alberghi, negozi e
strutture d’accoglienza per turisti; la musica che Secondo propone in questo
periodo, è la perfetta colonna sonora di questo cambiamento. Brani come “Cattolica (Sabbiadargento)”, “Riviera romagnola”, “Bellaria-Igea Marina” o
“Ritorna a Rimini” sono composti appositamente per i turisti che, come
cartoline, porteranno i dischi con loro una volta rincasati, per non dimenticare
le spiagge della Romagna; sono gli anni di “Rimini, Cervia, Riccione: ogni
insegna, una canzone!”. È indubbiamente un periodo molto commerciale, in cui
spesso si dà al popolo ciò che il popolo chiede (non ne risente la qualità
media delle melodie, che si attesta comunque quasi sempre su valori alti);
sembrano ormai scordati gli esordi campagnoli, quando si suonava tra la polvere
dei fienili, e il sound di molte delle nuove composizioni richiama quasi
esclusivamente un ambiente urbano in continua crescita, in cui si cominciano a
bruciare le tappe, tutto procede molto velocemente e in cui, il progresso e il
consumismo, stanno ogni giorno prendendo sempre più piede, e la gente, vogliosa
di spendere e divertirsi, affolla le località turistiche, e si muove sempre più
in fretta, affannosamente, verso l’omologazione, la massificazione. “Romagna
mia”, è il brano che tutti impareranno ad amare e sarà cantata da ogni turista,
sia italiano che straniero, così come si canta uno sguaiato coro da stadio,
storpiandone molto spesso le parole, tanto che oggi quasi nessuno ricorda più
le originali e sono ormai accettate come ufficiali queste storpiature; il
successo di “Romagna mia” è il momento spartiacque nella carriera di Secondo
Casadei e nella storia della musica romagnola tutta: nella sua prima versione,
la migliore, quella cantata con grande trasporto e passione da Goffredo, detto Fred, Mariani
(con Arte Tamburini come seconda voce; Mariani, che fu bravissimo, venne
chiamato all’improvviso per sostituire il cantante ufficiale dell’orchestra, il
quale si era ammalato), non era differente come struttura dalle canzoni del
periodo precedente (anzi, era in tutto e per tutto un classico brano alla
Casadei); saranno il successo e le versioni successive a cambiarla per sempre,
a trasformarla e a renderla quella che, spiritualmente, può essere considerata
l’ultima canzone del vecchio Secondo Casadei e, contemporaneamente, la prima
del nuovo, o almeno quella che imposterà lo standard; allo stesso modo, è sia
l’ultima canzone della vecchia musica romagnola e la prima della nuova.
Inoltre, bisogna citare i testi di Raoul – il suo inserimento nell’orchestra,
nei primi anni ’60, sarà uno dei principali motivi del cambiamento –, i quali,
grazie al suo approccio più giovanile, porteranno alcune innovazioni, come
l’inserimento di parole inglesi (“Riccione by night”), o l’introduzione di
argomenti più vicini al mondo dei giovani dell’epoca (“La droga”). Sempre a
causa sua, la struttura dei brani cambierà e, perdendo il solito lungo intro
che ripeteva l’intera melodia del pezzo (in alcuni casi viene addirittura
eliminato: celebre l’aneddoto legato a “La mia gente”, cui testo rappresenta la
miglior produzione di Raoul, che vide scoppiare un litigio tra zio Secondo e il
nipote, il quale ebbe la felice intuizione di iniziare la canzone direttamente
con l’attacco del cantante, cosa impensabile per il Maestro, che poi si
ricredette), diventano vere e proprie canzoni pop, in alcuni casi pure con
testi più impegnati, dal piglio cantautorale (vedi “Il passatore” o “Il
liberatore”).
GALLERIA
Di seguito, qualche foto scattata da me di alcuni luoghi importanti legati al Maestro.
La casa natale, a Sant'Angelo di Gatteo
La casa di Gatteo a mare in cui fu composta, e a cui fu dedicata, "Romagna mia" (in originale, "Casetta mia")
La tomba del Maestro, a Savignano sul Rubicone
Luogo in cui sorgeva l'osteria "é cambaròun" di Carléin d'Ambrus, a Sant'Angelo di Gatteo, dove il piccolo Secondo si recava ad ascoltare le orchestre
Foto degli uffici della "Casadei Sonora", a Savignano sul Rubicone
Io (al centro), con Riccarda (a sinistra) e Lisa (a destra) Casadei, rispettivamente figlia e nipote del Maestro
Sebastian Mariani (al centro), nipote di Goffredo "Fred" Mariani, voce originale di Romagna mia, con Riccarda e Lisa
La tomba del leggendario Maestro Carlo Brighi, detto "Zaclèn" (sita a Forlì, in cui morì nel 1915; era nato nel 1853 a Fiumicino, frazione di Savignano sul Rubicone), fondamentale influenza per la nascita della musica romagnola moderna e per il giovane Secondo